Dal libro Il bambino è competente Valori e conoscenza in famiglia di Jesper Juul
.... Reciprocità significa rispetto Immagino che gli esseri umani abbiano sempre provato un senso di meraviglia, di venerazione e di responsabilità, quando per la prima volta si sono trovati davanti a una nuova vita creata da loro stessi. L’impulso struggente di proteggere e amare la loro creatura, e il desiderio di procurarle un avvenire felice, sono come l’alba della nostra vita. È un impulso che sente perfino chi non ha avuto un’infanzia né una vita felice. Ma questo impulso è reciproco. I figli lo vivono in relazione a noi. Questo è un concetto fondamentale. I figli ci permettono di sentirci un valore in virtù della loro esistenza. E a sua volta questo permette a loro di sentirsi di valore per noi. Tutto questo è possibile solo se impariamo a contenere il nostro egoismo e a riconoscere la competenza personale dei figli come dono – un dono che loro non sanno di offrire fino a quando non lo accettiamo. Se non riusciremo a impararlo, cresceranno nella convinzione di non avere valore oltre a quello espresso dai voti scolastici o dal successo sociale. Questo non solo è doloroso per loro e stigmatizzante per noi, ma non li aiuta a diventare membri produttivi della società. ... Dal libro Felice come un bambino che dipinge di Arno Stern e Peter Lindbergh
"Ciò che si impone spontaneamente (ovvero senza incitazioni estranee, bensi mosso da una necessità propria) si ripete - Ed è proprio su questo punto che ci si scontra con il grave problema dell’incomprensione di fronte alla Formulazione. Si crede che il bambino ripeta lo stesso disegno per mancanza di fantasia: “è già la quinta casa che disegni!”, “Ma hai già disegnato altre barche! Non sai fare altro?” Coloro che ragionano in questo modo, non sanno che le Reiterazioni rappresentano la base della Formulazione, che sono necessarie e che ostacolarle significa distruggere l’interesse stesso di quel gioco. (…) Tu confondi lo sforzo e l’obbligo. Poiché si è fatto di te un consumatore, tu credi che occorra innovare, cambiare, sperimentare svariate esperienze. Ti è stata inculcata l’idea che “ripetere” significhi “noia” e che quindi occorre passare da una cosa all’altra, non soffermandosi mai su nessuna. Ti è stato insegnato a sfiorare tutte le cose e ti vergogneresti ad ignorarne una, ad aver perso ciò che altri invece hanno provato tra mille proposte alla moda. Il Closlieu è una struttura; il gioco è un rituale. La formulazione è il frutto delle ripetizioni e di una grande concentrazione. L’evoluzione che si svolge qua dentro ti allontana dalla molteplicità e ti porta all’essenziale." Dal libro Learning all the Time di John Holt
"Il problema che sorge con le motivazioni esterne, che siano negative (ricatti, minacce, punizioni, rimproveri) o positive (ricompense, lodi) è che queste tendono a schiacciare e poi sostituire le motivazioni interne del bambino. Il lattante non impara per farci piacere ma perché segue il suo istinto, è nella sua natura volere scoprire il mondo. Se noi lo lodiamo per ogni cosa che fa, finirà per imparare et fare cose soltanto per farci piacere dopo di che potrebbe cominciare a temere di non piacerci. Inizierà quindi a temere di non fare la cosa giusta, come se fosse sempre minacciato di punizione, la punizione essendo l’assenza di complimenti. I bambini vogliono e hanno bisogno di una nostra attenzione autentica. Desiderano essere notati da noi, vogliono che prestiamo attenzione a quello che fanno, che gli prendiamo sul serio, che noi abbiamo fiducia in loro e vogliono il nostro rispetto come esseri umani. Vogliono cortesia e educazione ma non hanno bisogno delle nostre lodi." Come artista con una formazione in arteterapia vorrei condividere un pensiero personale soffermandomi in particolare sulla cura che Stern porta al rapporto esperienza/produzione. Questa relazione costituisce il cuore dell’arte a sostenimento del suo ruolo alla communicazione, nella storia dell’arte manifesto attraverso le varie funzioni sociali e culturali che l’arte ha svolto a seconda delle esigenze del momento, per citarne alcune: strumento di comunicazione con il divino, strumento di rappresentazione del divino, degli avi, delle persone, strumento di propaganda, strumento di ricerca dello spazio, strumento di narrazione, etc… L’essenza dell’arte si situa comunque nelle profondità dell’anima umana ma si emana da questa zona di confine tra il nostro spazio interiore e il mondo esterno. Che l’arte sia performativa o visiva l’attenzione tende a focalizzarsi sulla produzione che può a sua volta avere degli effetti catartici sul fruitore.
L’arte terapia invece sceglie l’utilizzo del processo della catarsi artistica generata dalla dimensione proprio esperienziale dell’arte, lo spazio del fare, del giocare. Ma questa dimensione esperienziale non appartiene soltanto all'artista o all’arte terapia: in quanti di noi infatti viviamo il piacere di danzare, di fare musica soltanto per noi stessi, poiché ci sentiamo più pieni, più interi, più centrati, più felici?? Arno Stern parla del Gioco della pittura del Closlieu come preventivo all’arte terapia: l’esperienza di tracciare il proprio segno è come l’esperienza di ascoltare la propria musica mentre si suona, è vivere questo luogo di confine dove il dentro e il fuori si interpellano, si compenetrano creando insieme dimensioni singolari -è un luogo dove lo stare e il fare possono dialogare esplorando e creando. Oggi giorno la condizione necessaria per permettere a questo processo di fiorire pienamente, è un luogo isolato da qualsiasi occhio critico, da qualsiasi forma di aspettativa esterna, di giudizio. Per questo motivo Stern non permette a nessun altro, se non ai soli partecipanti, di assistere ai laboratori, è la prima regola del gioco. Questa chiusura permette al bambino piccolo e grande di evolvere libero, indipendente, a prescindere dal giudizio e quindi anche dalla competizione. Mi ricorda la riflessione di un mio collega arte terapeuta che diceva a proposito del suo laboratorio della necessità della persona di potere fare anche opere brutte. Lo scopo di liberarsi dalla dipendenza del giudizio (interno come esterno) è lo stesso ma la strada indicata da Stern mi sembra più accogliente, femminile, meno eroica e soprattutto più possibile e percorribile per il bambino. Perciò Stern non mostra ai genitori i dipinti prodotti dai figli dopo gli incontri, al più fissa un appuntamento a fine anno (senza il bambino) e mostra l’insieme del percorso svolto, ma la produzione rimarrà sempre nel “Closlieu” dove è stata vissuta e dove il bambino cresciuto potrà, anche dopo tanti anni, andare a ritrovare, rivisitare i suoi quadri, il suo segno. Il bambino si porterà a casa la consapevolezza della propria competenza e potenza, indispensabili nello sviluppo di un individuo creativo e felice. I.D. Aprile 2013 |
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