“Non è l’intelletto, ma l’istinto del giuoco che,
sotto l’azione di una necessità interiore, si occupa
di produrre il nuovo. Lo spirito creatore giuoca
con gli oggetti che ama.”
Carl Gustav Jung
bosco dentro è uno spazio organizzato per lo svolgimento del “gioco del dipingere” come lo esercita Arno Stern nel suo atelier Le Closlieu a Parigi, dove da più di 50 anni accoglie nei suoi laboratori bambini dai 3 anni in su, adolescenti e adulti. In questo contesto dipingere diventa per il bambino o l'adulto l’esperienza del contatto con il proprio segno, un segno portatore di un codice universale che Stern ha denominato “formulazione” in grado di dialogare con la necessità della persona nelle sue varie fasi evolutive. Il ruolo del praticien non è quello di maestro ma di “servitore” a disposizione della persona che non viene mai apprezzata o giudicata per la qualità del suo operato ma vista, sostenuta e incoraggiata nella sua capacità di fare. Nella preoccupazione di permettere al bambino di crescere autonomamente nel proprio gioco senza la necessità dell’approvazione di un adulto, non è previsto mostrare l’operato del bambino ai genitori se non nel suo insieme in fine corso e comunque in assenza del bambino stesso.
Il "Gioco del dipingere" è strutturato come un vero gioco con delle regole incentrate intorno al “tavolo tavolozza” con i suoi 18 colori.
Promuove la capacità naturale della persona a centrarsi e concentrarsi esprimendo liberamente la sua individualità attraverso il piacere dei colori mentre cresce la sua abilità nel maneggiare i suoi strumenti di lavoro (manualità fine) e un sano sentimento di competenza senza dinamiche di competizione.
Il "Gioco del dipingere" è strutturato come un vero gioco con delle regole incentrate intorno al “tavolo tavolozza” con i suoi 18 colori.
Promuove la capacità naturale della persona a centrarsi e concentrarsi esprimendo liberamente la sua individualità attraverso il piacere dei colori mentre cresce la sua abilità nel maneggiare i suoi strumenti di lavoro (manualità fine) e un sano sentimento di competenza senza dinamiche di competizione.
Perché laboratori intergenerazionali?
Un gruppo intergenerazionale ripropone una struttura sociale naturale dove le diverse età si incontrano e si contaminano – nel senso positivo della parola - generando ricchezza per ciascuno.
Per imparare il bambino piccolo si affida alla sua osservazione e all’imitazione di ciò che osserva facendo anche prove per capire qual è il modo, comportamento più funzionale per lui nell’immediato. Ogni età incontra nuove necessità e quindi nuove modalità.
Allo stesso tempo in questo contesto il bambino e l’adulto vengono considerati sullo stesso piano, utilizzano lo stesso materiale e ciascuno viene assistito secondo la propria necessità. Il ruolo del praticien mira a fare si che ognuno si senta a suo agio in questo momento di libera espressione e il bambino piccolo potrà osservare che anche l’adulto si fa aiutare per attaccare il suo foglio di carta, spostare una puntina oppure per prendere uno sgabello. Per l’adulto invece la presenza del bambino è una grande fonte di gioia e la sua libertà espressiva di grande ispirazione. Ma il gruppo intergenerazionale porta anche per l’adulto un’esperienza dove la diversità viene vissuta serenamente rafforzando un senso di se', il laboratorio non celebra “il bambino “ in ciascuno di noi ma promuove l’individuo singolare in ciascuno di noi, nel qui ed ora.
Il rispetto e l’eguaglianza coniugati con la diversità di ciascuno favoriscono infine l’emergenza di una propria autenticità.
La reiterazione è un principio base della Formulazione: uno stesso oggetto viene ripetuto perché la sua evocazione è legata a un desiderio, a un interresse, a un piacere.”
Arno Stern Felice come un bambino che dipinge |
“La necessità che suscita un fenomeno dell’Espressione è duratura. Ciò che è essenziale non si manifesta in modo fortuito, ma con grande insistenza (…) La ripetizione è una legge della natura e va di pari passo con l’ Evoluzione.
|